L’evento più drammatico della storia di pizzoni è stato senz’altro il terremoto del 1783. Per meglio capire il contesto storico in cui tale fenomeno si è verificato occorre fare un passo indietro. La primavera e l’estate precedenti furono caratterizzate da un clima particolarmente caldo ed afoso che determinò una siccità mai avuta prima, a memoria d’uomo, con conseguente perdita dell’intero prodotto agricolo. Specialmente i mesi di Luglio ed Agosto furono talmente torridi che per non patire il caldo dell’aria aperta la gente si rifugiava nei piani bassi delle case per trovare un po’ di refrigerio.
A causa di tutto ciò scoppiò una epidemia che colpi gran parte della popolazione di Pizzoni e di San Basilio ed in particolare i contadini che, abitando nelle campagne, furono maggiormente esposti alle diverse intemperie delle stagioni. A partire dal mese di Settembre e fino a tutto il mese di Dicembre, la pioggia ebbe il sopravvento e cadde abbondantemente ed incessantemente tanto da provocare alluvioni di ogni genere, frane e smottamenti dei terreni, compromettendo l’intero raccolto dei campi per la mancata semina del grano e dei cereali.

 

 

 

 

E fiume Cerasia provocò enormi danni in quanto, essendo in piena, le sue acque strariparono come non mai ed inondarono, distruggendoli, tutti gli orti vicini. L’inizio dell’anno 1783 era stato, dal punto di vista meteorologico, del tutto normale rispetto al periodo considerato. Verso la fine del mese, poi, era riapparso il sole e la temperatura si era tiepidamente innalzata e nulla faceva presagire, quindi, che di li a poco una catastrofe si sarebbe abbattuta su tutto il territorio provocando disastri, lutti e rovine. Infatti, nel tardo pomeriggio di Mercoledl 5 Febbraio e preàsamente verso le ore 19.00 la terra cominciò a tremare, dapprima leggermente, segui una violenta scossa che durò ininterrottamente 2 minuti.
Tanti ne bastarono perché, secondo attendibili ricostruzioni, Pizzoni e San Basilio andarono quasi completamente distrutti e le frazioni di Santa Barbara e Belforte rase al suolo, tanto da non essere più ricostruite. Altre scosse di minore entità si verificarono durante la notte e nei due giorni successivi, provocando anch’ esse danni e panico.
Ancora una scossa di forte entità si ebbe il 28 Marzo ed interessò la zona del Vibonese dove vi furono morti e distruzioni. Da un resoconto fatto da Giovanni Visenzio nel suo libro “Istoria e teoria dei tremuoti”, il terremoto del 1783 provocò a Pizzoni 20 morti, di cui 5 maschi, 6 femmine e 9 ragazzi, su una popolazione di 529 abitanti; a San Basilio, invece, i morti furono complessivamente 12, di cui 3 maschi, 7 femmine e 2 ragazzi, su una popolazione di 299 abitanti. Altri decessi, in conseguenza dell’inevitabile epidemia, si verificarono in periodi successivi.
Il medico letterario Giacinto Arena nato a Pizzoni il 22 Giugno 1751 e deceduto nell’anno 1832 descriveva in modo mirabile lo spavento e la paura che il terremoto del 5 Febbraio 1873 provocò in lui e tra la gente di Pizzoni. Tale lavoro, di cui ne trascriviamo la parte più saliente, per riviverne, cosi, l’emozione di quel giorno, è stato pubblicato nella “Rivista Storica Calabrese del 1906”.

 

 

 

 

Dei primi soccorsi se ne occupò direttamente il Re Ferdinando IV il quale mandò subito sui luoghi colpiti un suo vicario straordinario, appositamente nominato nella persona del Principe Francesco Pignatelli, il quale, oltre a disporre di ingenti somme di danaro, fece pervenire viveri Successivamente il Re fondò la Cassa Sacra per la rico­struzione del dopo terremoto ed ottenne dal Papa Pio VI l’autorizzazione a sopprimere tutti quei Conventi che non raggiungevano un certo numero di religiosi, al fine di contenere le spese.
Fu istituita una tassa straordinaria sulle province non colpite dal sisma per far fronte all’emergenza provocata dal terremoto. L’ufficio della Cassa Sacra operò dal 1784 al 1796, anno in cui venne chiusa per irregolarità ed abusi nella sua gestione.

Per quanto riguarda Pizzoni non esiste un resoconto dei danni subiti, nè quante furono le case distrutte, sicuramente i danni furono ingenti e le case rimaste in piedi poche, se si tiene conto che su sette Chiese, allora esistenti in Pizzoni, soltanto quella dei Sette Dolori di Maria Vergine (l’attuale Chiesa delle Grazie) è rimaste intatta, le altre sono andate completamente distrutte.
Di queste ultime, il Dr. Donato nel suo citato libro “Pizzoni” ne fa la seguente dettagliata descrizione, ricca di dati e di riferimenti:
Con il terremoto furono distrutte:

— la Chiesa Madre (da poco rinnovata) e con essa:

• la cappella del SS. Sacramento, amministrata dai laici, con una rendita annua di cento ducati; doveva provvedere ad
un maritaggio per una orfana, di ducati venticinque ogni cinque anni.
• la cappella del Purgatorio, amministrata dai laici, con una rendita annua di settantacinque ducati: aveva un piccolo monte di pietà con l’usanza che, pagando un grano alla
settimana, si aveva diritto a cento messe dopo la morte.
• la cappella di S. Giovanni, della famiglia Biseco, con una rendita annua di quattordici ducali.
• la cappella del Carmine, annessa a quella di S. Giovanni Battista, fondata da Pomponio Cracco e Caledonia Graffeo aveva una rendita annua di ventisette carlini.
• la cappella di S. Bruno, fondata nel 1630 da Bruno Conciatore con una rendita annua di trenta carlini.
• la cappella dell’Assunta, jus patronato di Domenico Pitimada con una rendita annua di sette ducati.
• la cappella di S. Pietro Apostolo, già ius patronato della famiglia Crispo. Domenico Crispo con testamento del 1735 lasciò erede il sacerdote don Domenico Bardari, eredità confermata con decreto della Corte locale, decreto ratificato anche dalla Curia Vescovile di Mileto, con diritto di nominare i cappellani; alla morte di dori Domenica Bardari lo jus patronato passò alla di lui madre Elisabetta Matthei, vedova di Tommaso Bariiari dottore in utroque dello Stato di Soriano e della Certosa di S. Stefano del Bosco, nonchè governatore dello Stato di Filogaso; la cappella aveva una rendita annua di 135 ducati; sull’altare vi era un quadro di fattura settecentesca, di autore ignoto, rappresentante Cristo che porge le chiavi a S. Pietro; detto quadro si trova attualmente nella nuova Chiesa Madre.

• la cappella di S. Giuseppe fondata da Pasquale Aversa; aveva una rendita annua di dodici ducati.                                                                                                                   • la cappella di S. Lucia fondata da Caterina Genovese, poi Ius patronato della famiglia Bardari; aveva una rendita di 7 ducati.                                                                       • la cappella della Santissima Annunziata, fondata dalla famiglia Lanzo; aveva una rendita annua di quindici ducati.

La Chiesa dei S. Giacomo Apostolo e Francesco di Paola che aveva una rendita annua rispettivamente di trenta e trentacinque carlini e con essa:

• la cappella della Pietà che aveva una rendita annua di dodici ducati.
• la cappella di S. Anna che aveva una rendita annua di  venti ducati.
• la cappella della Immacolata Concezione, fondata nel 1619 da Fabrizio Cosmano e poi, per discendenza, jus patronato della famiglia Carlisano; aveva una rendita annua di dodici ducati e mezzo.

• la cappella di S. Lorenzo fondata da Giovanni Battista Donato e consorte Lucrezia Codispoti; aveva una rendita annua di quattro ducati e mezzo.                                      • la cappella di S. Francesco di Salsa eretta dagli stessi sacerdoti

La Chiesa di S. Francesco d’Assisi, fondata nel 1633 da Gio­vanni Gregorio Genovese e suo jus patronato; alla morte di questo lo jus patronato passò per discendenza alla famiglia Carlisano aveva una rendita annua di quindici ducati.

La Chiesa dei Sntii Fabiano e Sebastiano, che aveva una rendita annua di settanta ducati; sui ruderi della Chiesa a cura e spese del dr. Francesco Paolo Arena e con la prestazione volontaria dei cittadini venne, verso il 1860, edificata una Chiesa dedicata a S. Francesco di Paola; in detta Chiesa e custodita una croce astile a lamine di argento di Fattura quattrocentesca.

Il Convento di S. Basilio con l’annessa Chiesa detta dcl Soccorso; i ruderi di dette costruzioni vennero, dalla Cassa Sacra, venduti all’Abate Domenico Sacchinelli (Pizzoni, 16-9-1766 Monteleone, 16-7-1844; segretario del Cardinale Rurfo sin dai tempi della spedizione per la riconquista del Regno di Napoli e storiografo della spedizione stessa). L’Abate edificò sui ruderi del Convento una casa di abitazione per se e per i suoi congiunti, casa che venne venduta dagli eredi verso il 1900. La Chiesa invece veniva ricostruita a curo e spese degli abitanti della frazione S. Basilio e nel 1847 l’Intendente Provincia autorizzava che in essa vi venissero seppelliti i defunti come era già in uso nella Chiesa Madre ed in quella di S. Nicola della Cartiera. Nella Chiesa del Soccorso vi à la lapide che ricorda la sepoltura, avvenuta nel 1873 del preclaro Giacinto Pitimada. Nell’attuale Chiesa si conserva una statua policroma rappresentante S. Giuseppe di buona fattura, ma di autore ignoto.

La Chiesa di S. Nicola della Cartiera e le Chiesa di S. Andrea; di queste ultime due Chiese, come di quella prima menzionata dei SS. Giacomo Apostolo e Francesco di Paola, non resta altro che il nome alle rispettive località.