Agli inizi del secolo così veniva descritto Pizzoni dal suo letterato Francesco Filia (1853-1932) nel suo libro “Da e per la Calabria”:

“Giù, discendendo dall’Appennino Serrese, che, sempre più degradando, giunge all’ameno colle lpponiate, ove Monteleone si specchia nel terso e magico golfo di S. Eufemia: a mezza strada, sui rapidi clivi d’una angusta e florida valle, giace, quasi nascosto, Pizzoni, una borgata che di poco oltrepassa i duemila abitanti. Gente mite e laboriosa, intenta per la massima parte al lavoro dei campi…”

e da Baldassare Bruzzano da Vibo Valentia (1870-1932)

Nto menzu i nu vajuni e iia hjumara,

Chi no mi fici mai sonnu pigghiari,

Pizzuni beja, curiusa e cara

S’ammuccia a menzu di li castagnaru

Lu suli cu la luna vannu a para

Darredu la muntagna lia a guardari,

E brigognusa comu na massara

Pizzuiu beja si dassa vasari;

Mentri na festa di adduri e di luci,

Chi l’addormenta, l’iucchi di bjizzi,

E di luntanu cu na forti vuci

Veni caiitandu Cerasia d’amuri;

Nci vagna, nci accarizza pedi e trizzi

E la natura arridi a tutti l’uri.

(Tratta dal libro “Pizzoni” del Dr. Donato Nicola)

Tali descrizioni poetiche, riportate all’inizio di questa ricerca, vogliono essere un omaggio a Pizzoni ed ai suoi abitanti: gente umile, generosa e laboriosa che ha subito soprusi ed angherie dai potenti ma che sappiamo non si è mai rassegnata a questo stato di cose ed ha sempre lottato per il suo riscatto e la sua emancipazione. Di questa gente vogliamo ricordare alcune vicende accadute in epoche diverse, che ne dimostrano il temperamento, nonché, il senso civile e democratico.

 

 

 

 

Protesta popolare del 1907
Il 20 ottobre dell’anno 1907 i Pizzonesi insorsero per protestare contro l’istituzione di un’imposta di famiglia – il cosiddetto “focatico” – che gravava su ogni casa (letteralmente su ogni focolare) e che penalizzava pesantemente i cittadini, già di per se poveri. Una sommossa popolare che a coinvolto uomini e donne, vecchi e giovani, esasperati ma uniti contro un’ingiustizia che veniva perpetrata nei loro confronti. Tale movimento sfociò nell’incendio del municipio, allora in Piazza Plebiscito, con la conseguente distruzione di quasi tutti i documenti in esso custoditi. Si racconta che mentre gli uomini presidiavano l’edificio comunale, le donne andavano di corsa nei boschi vicini, raccoglievano legna e l’accatastavano nei pressi dell’edificio stesso affinché l’incendio si sviluppasse meglio!. .. Alcuni responsabili di tale sommossa furono incarcerati e, quindi, processati,
altri ripararono clandestinamente in America.

 

 

 

Referendum istituzionale del 1946
Nell’immediato dopoguerra in un clima politico particolarmente surriscaldato per le forti tensioni sociali causate dalla fame, dalla miseria e dalla disoccupazione prodotte dalla guerra (basti pensare all’assalto alla Prefettura di Catanzaro del 6 gennaio 1946 da una folla di disoccupati, reduci e piccoli esercenti) gli italiani sono stati chiamati a votare per decidere le sorti della nazione. Si è svolto, quindi, il 2 giugno il referendum istituzionale per scegliere se conservare la monarchia in Italia o se, invece, instaurare una repubblica. Il risultato nazionale è stato del 54% a favore della repubblica ed in conseguenza di ciò è stata dichiarata decaduta la Casa Savoia e l’Italia divenne uno stato repubblicano. A favore di questo risultato contribuì, in maniera determinante, il voto del nord Italia mentre nel sud prevalsero i fautori della monarchia. A Pizzoni, a differenza della stragrande maggioranza
degli altri comuni del sud, prevalse la volontà di cambiamento rispetto ad un passato triste ed oscuro. Infatti i voti, a favore dello stato repubblicano sono stati 743, corrispondenti al 58,2% (superiore, quindi, al risultato medio nazionale), quelli a favore della monarchia sono stati 450, corrispondenti al 35,2%, mentre quelli non validi sono stati 84, corrispondenti al 6,6%.

Scelta antinucleare e di pace
Nel mese di gennaio del 1958 il consiglio comunale di Pizzoni, su proposta del consigliere Crispo Natalino, ha approvato all’unanimità, la una mozione che intendeva sollecitare il governo centrale a mantenere una posizione neutrale rispetto alla installazione di centrali nucleari nel paese. D’accordo, era il periodo della “guerra fredda” e dei cosiddetti “blocchi contrapposti”, ma a distanza di quasi 30 anni tale esigenza è di pressante ed inquietante attualità.

Protesta contro la mancata realizzazione della strada Pizzoni – S. Angelo
Nell’anno 1960 i pizzonesi sono stati protagonisti di una clamorosa quanto singolare forma di protesta: si sono rifiutati di andare a votare per il rinnovo del consiglio comunale (non sono state nemmeno presentate liste) e di quello provinciale, a causa della mancata realizzazione della strada Pizzoni – S. Angelo, di notevole importanza per la comurutà, nonostante le numerose promesse degli uomini polihct più in vista di allora.
In conseguenza di ciò, Pizzoni è stato amministrato da un commissario prefettizio fino al mese di giugno del 1962; i lavon di detta strada ebbero inizio 2 anni dopo.

 

 

 

 

Referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio

Dopo oltre un secolo di discussioni, il primo progetto di legge è stato presentato nel 1865, nel 1970 con la legge n.898 è stato introdotto in Italia il divorzio. Tale legge stabilisce che il divorzio può essere pronunciato quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, il giudice “accerta che la comunione spirituale e materiale non può essere mantenuta o ricostituita”. All’indomani dell’entrata in vigore della suddetta legge si è costituito un apposito comitato che, raccolte le firme necessarie, ha proposto la sua abrogazione. La consultazione referendaria si è svolta il 12 Maggio 1974 ed il risultato nazionale è stato favorevole al mantenimento della legge.
Anche a Pizzoni prevalsero i “No” all’abrogazione e riteniamo che tale risultato, per questo lo citiamo, sia stato una scelta di civiltà ed anche di democrazia e libertà, a prescindere delle proprie convinzioni di carattere etico e morale. Ma al di là di tutto questo, al di là cioè della propria dignità, della propria fermezza ed impegno civile, la gente di Pizzoni, fatte salve le dovute eccezioni, ha vissuto e vive una condizione di continua precarietà perché appartiene al “profondo sud” con i suoi problemi di sempre mai risolti: mancanza di servizi e di infrastrutture, disgregazione sociale, disoccupazione che mortifica anche la dignità e, non per ultimo, l’emigrazione.
Infatti, la famosa “questione meridionale” è ormai una questione nazionale e va vista sicuramente sotto l’aspetto dello sviluppo e della modernizzazione, ma su di essa ha inciso in maniera determinante proprio il fenomeno dell’emigrazione che ha coinvolto, a partire dagli anni dell’unità d’Italia, intere generazioni e che produce, tutt’oggi, i suoi effetti L’evento del fascismo e la conseguente seconda guerra mondiale hanno messo in ginocchio la nazione ed in particolare le regioni meridionali.
Dalle rovine prodotte da quegli eventi, l’emigrazione ha rappresentato una valvola di sfogo verso la ricerca di un benessere sconosciuto ma nel contempo ha determinato profonde lacerazioni nel tessuto sociale, economico e culturale della nostra gente.
Pizzoni non è sfuggito a questo triste fenomeno e negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale si è avuta una vera e propria emorragia verso l’America ed in particolare verso l’Argentina. Cosi, ogni anno, decine di pizzonesi si sono imbarcati verso questa avventura, portandosi dietro ricordi e speranze ma anche cultura e tradizioni. Tale fenomeno non si è arrestato negli anni successivi, anzi ha avuto un notevole incremento verso le regioni del nord Europa ed in particolare verso la Francia, la Germania, la Svizzera ed il Belgio; è proseguito, poi, verso le regioni del nord Italia maggiormente industrializzate come
la Lombardia ed il Piemonte.

 

 

 

 

Oggi Pizzoni conta 1580 abitanti (ndr “oggi” si riferisce al 1992), corrispondenti a 590 famiglie, il suo territorio, attraversato dai torrenti Cerasia e Trivio, ha una superficie di kmq 23,8 e, per fortuna, mantiene intatte le sue bellezze naturali. La stessa cosa non può dirsi del centro abitato, infatti
sono state costruite case grandi e confortevoli ma lo sviluppo edilizio non è stato mai ordinato ed organicamente regolamentato, cosicché ognuno ha costruito dove ha potuto, altri dove hanno voluto, mentre la maggror parte delle vecchie case del centro storico rimanevano desolatamente vuote. Nessuno rimpiange certo le strade sterrate di un tempo, ma tra quelle odierne ricoperte di catrame, presunto segno di modernità, e quelle di tempi non tanto lontani ricoperte di pietre forse sono da preferire queste ultime che, purtroppo, non ci sono più.

Tutti hanno nostalgia di Piazza Caduti com’ era una volta, piccolo giardino con alberi e zampillo, adesso cementificata, con la solita colonna in marmo ed in cima un’insolita aquila in bronzo, il tutto a simboleggiare il prezzo pagato con la vita per la difesa della patria e per la conquista di altre patrie.
Per fortuna da poco sono iniziati i lavori per la sua sistemazione ed anche se non sarà riportata agli “antichi splendori”, almeno un pò di verde ci sarà. Nei tempi passati, ed in particolare a partire dal 1600, nel nostro paese, oltre alle famose presenze culturali fatte di letterati, medici, avvocati, religiosi, ecc., era fiorente una

 

 

 

 


certa attività economica: molti ed apprezzati artigiani esercitavano mestieri più svariati, funzionavano regolarmente diversi frantoi, mulini ed anche fornaci per la produzione di tegole, mattoni ecc.
Di tutto questo non è rimasto che qualche traccia: esiste un moderno frantoio in contrada Lamo che riesce a trastormare tutta la produzione locale di ulive; l’ultimo dei mulini, in località Rinaldo, ha funzionato fino a qualche anno fa e l’ultima fornace, invece, ha funzionato fino agli Questa, ubicata nella località attualmente denominata”carcara”, era la più grande delle cinque esistenti ed aveva una produzione di oltre 9000 “pezzi” per volta (le altre ne producevano 5000/6000).
Veniva attivata nei mesi primaverili ed estivi e per “cuocere” l’intero carico occorrevano 200/250 “mazzi” di legna.
Le Famiglie che vi lavoravano si alternavano settimanalmente e contraddistinguevano la rispettiva produzione con un segno particolare, diverso per ogni famiglia, apposto su ogni singolo pezzo.
Tutto il prodotto era di ottima qualità e veniva facilmente venduto in tutti i paesi della zona ed oltre, tranne il 10% che spettava di diritto ai proprietari delle fornace Era praticata anche la coltivazione del lino, che una volta estirpato, veniva portato in località “Gurni” per le successive e faticose lavorazioni.

 

 

 

 

Altra attività importante è stata la coltivazione del baco da seta e per questo era diffuso l’albero di gelso le cui foglie costituivano l’unico nutrimento. Questo simpatico animaletto di colore giallo o bruno produceva, nel giro di un mese circa, il bozzolo che veniva venduto per l’estrazione del filo di seta. Adesso la principale risorsa economica del paese, fatta
eccezione per le rendite da pensioni che sono rilevanti, è rappresentata dall’agricoltura ed in particolare dalla coltivazione dell’ulivo con la conseguente produzione di olio. Gli altri prodotti agricoli servono a malapena a soddisfare il fabbisogno familiare; la coltivazione della vite, un tempo fiorente e fonte di guadagno per la commercializzazione del vino, adesso viene praticata solo da appassionati. Pochi sono gli artigiani, come pure gli operai forestali, quanto basta i commercianti, qualche libero professionista, pochi altri trovano occupazione nella pubblica amministrazione ed alcuni nell’edilizia. I giovani che non frequentano le scuole superiori o l’università, per la quasi totalità sono disoccupati e molti di essi sono costretti a cercare lavoro altrove, sperando nella buona sorte. Nel campo sociale fermentano poche attività. Esistono le associazioni di categoria come quelle dei cacciatori, quella ambientalista ed una società sportiva. La politica, fino a poco tempo fa terreno di scontro e di confronto, serrato ma democratico, tra le diverse idee, adesso segna il passo.
Speriamo si riprenda, specialmente con i giovani impegnati in prima linea, per essere protagonisti ed artefici del proprio futuro, affinché la speranza per una migliore condizione di vita diventi, non solo possibilità, ma anche certezza. Per quanto riguarda l’andamento demografico della popolazione c’è da rilevare che esso è stato fortemente condizionato dal fenomeno della emigrazione che ha raggiunto il culmine negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.
Infatti, secondo i dati ufficiali dei vari censimenti, a partire dal 1700 la popolazione è andata sempre crescendo fino a raggiungere nel 1951 le 2858 unità. Successivamente, però, vi è stata una inversione di tendenza e la popolazione è quasi costantemente diminuita fino alle attuali 1580 unitA (30 Novembre 1995). In particolare, negli ultimi dica anni sono nati 229 bambini e sono morte 172 persone; se si considerano gli ultimi cinque anni i nati sono stati 98 ed altrettanti i morti, È a dimostrazione che il paese sta invecchiando perché, nel mentre si mantengono nella media i nati, i morti, invece, sono notevolmente aumentati. Per meglio comprendere questo fenomeno pubblichiamo un quadro riepilogativo dei movimenti della popolazione degli ultimi dieci anni, nonché i dati di quellaresidente, risultante dai vari censimenti.